Collettiva in bianco e nero
COLLETTIVA IN BIANCO E NERO
Inaugurazione: sabato 8 maggio dalle ore 18.30 alla presenza di alcuni degli artisti
Durata: 8 maggio – 4 luglio 1993
Un appuntamento singolare con importanti nomi nel panorama dell’arte nazionale ed internazionale è previsto alla Galleria Melesi di Lecco; la singolarità dell’evento è nel fatto che la mostra offrirà esclusivamente opere in bianco e nero, in cui cioè è assente ogni tipo di ricerca cromatica da parte degli artisti.
La “collettiva in bianco e nero” si propone infatti di radunare opere di 20 artisti notevolmente differenti tra loro per le scelte operate nell’ ambito del linguaggio espressivo e quindi per lo stile, nell’ambito dell’utilizzo della tecnica e dei materiali, nell’ambito della successione cronologica ed infine del formato; unico carattere a costituire un filo conduttore in tanta differenza è appunto la totale assenza del colore. Tale rinuncia ad utilizzare lo strumento espressivo notoriamente più accattivante, indirizza gli artisti su scelte meno appariscenti ma concettualmente più pregnanti.
In galleria saranno presenti alcune testimonianze scritte dagli stessi artisti volte a documentare le motivazioni che li hanno spinti ad optare per la scelta del bianco e del nero, piuttosto che quella del colore.
Gli artisti in mostra sono: BEN (opera degli anni ‘70), Alberto BIASI (opera del Gruppo Enne), Roberto CRIPPA (Spirale anni ‘50), Angelo DOZIO, Jorge EIELSON (nodo), Lucio FONTANA (Concetto spaziale, Teatrino), Horacio GARCIA ROSSI (opera del GRAV), Jiri KOLAR (Poema del silenzio), Julio LE PARC (Modulazione del ‘76), Giuseppe MINORETTI, François MORELLET (opera anni ‘70), Aurelie NEMOURS (Le jour del ‘67), Roman OPALKA (carta da viaggio), Luc PEIRE (Graphie del ‘73), Michelangelo PISTOLETTO (Specchio), Giancarlo SANGREGORIO (scultura), Gianni SECOMANDI, Tino STEFANONI (Bicromia del ‘91), Walter VALENTINI, Victor VASARELY (opera anni ‘70).
BIANCO E NERO. Attraverso un prisma triangolare il raggio di luce si scompone nei colori dello spettro. I raggi colorati, se riconvogliati attraverso lenti in un unico punto, si ricompongono in luce bianca. Questo esperimento, dovuto a Newton, è fondamentale per la fisica come per la pittura. Altrettanto fondamentale è sapere che il bianco è tale se riflette tutti i colori e che il nero al contrario li assorbe tutti.
Nel mio periodo optical, intorno agli anni ‘60, ero attratto dalla ricerca del tono assolutamente puro del bianco e di quello del nero più scuro. Ma nel successivo periodo cinetico, pur continuando spesso a progettare e realizzare opere nettamente chiaroscurali, mi sono sempre più affidato alle materie, ai bianchi e ai neri che mi capitavano fra le mani. Fin da allora, il mio operare con questi due “non colori” è diventato più spontaneo anche se, ovviamente, sempre più influenzato dall’esperienza. Ho imparato, ad esempio, che il nero può essere accostato in dimensioni tali da promuovere e rendere più luminosi tutti i colori. Anche le qualità visive del bianco si esaltano maggiormente quando il nero gli è vicino. Il bianco in pittura tende visivamente ad espandersi, a dilatarsi rispetto al nero. Ma, aumentandone le dimensioni effettive oltre un certo rapporto, per effetto del contrasto proporzionale il bianco perde la sua aggressività, diventa passivo, pronto cioè ad implodere, cedendo al nero la forma positiva. Ugualmente, in quel rapporto dimensionale, il bianco conserva le sue qualità esplosive e tende a influenzare la forma nera, coinvolgendola in una instabilità percettiva. Nel mio lavoro, finalizzato all’apparizione di forme dinamiche all’interno di un contesto statico, ho spesso privilegiato le dimensioni del bianco rispetto a quelle del nero in funzione del dinamismo apparente delle forme positive e della staticità, pur sempre apparente delle forme negative. In queste opere il mio bianco è tridimensionale, costituito da lamelle in torsione che fisicamente avvitano il buio del nero. Questi al contrario è bidimensionale ed arretrato rispetto al bianco. Fisicamente è il bianco ad interagire con l’occhio mobile del fruitore, ad apparire diversamente dai molteplici punti di vista. Eppure è il nero che per fenomeno percettivo diventa presenza dinamica. È il nero nascosto e senza luce che risplende. Per certi aspetti, il mio nero è… come il pesce nell’acqua: quando lo vedi, anche lo stagno più tranquillo sembra pieno di vita.
Alberto BIASI
08 aprile 1993
IL BIANCO E IL NERO: due tinte.
Nella mia visione di pittore il nero è il profondo, il mistero, il bianco è luce; nel mio quadro ci sono traiettorie di segni bianchi verticali e orizzontali con vibrazioni e impulsi di luce o di vita. Il bianco e il nero sono come la vita e la morte, camminano insieme.
Angelo DOZIO
13 aprile 1993

La linea che separa la notte dal giorno non è una linea ma una spirale che contiene la notte e il giorno.
Questa affermazione, che potrebbe sembrare solo una bella immagine poetica, è invece rigorosamente esatta.
In effetti, se applichiamo i postulati della fisica, quantistica all’universo che ci circonda (?), ne risulta che, nell’eterna curva dello spazio e del tempo, tale linea non esiste. Esiste soltanto l’occhio (e la mente) dell’osservatore, alternativamente collegato, sia dalla parte della luce, sia dalla parte dell’ombra.
Jorge EIELSON
aprile 1993
Il bianco e il nero precedono il colore; ma sono anche autonomi.
Struttura, programmazione, sintesi, architettura dell’opera, ma anche espressione artistica concentrata e di forte comunicazione.
Horacio GARCIA ROSSI
10 aprile 1993

Ho due risposte da dare:
1. Appartengo ad una generazione formatasi sulle riproduzioni e sui film in bianco e nero; rispetto alle generazioni successive ognuno di noi doveva far lavorare molto di più la propria immaginazione. Forse per questo do la priorità nel mio lavoro alle riproduzioni che modificano radicalmente i colori dell’originale; forse per questo vedo, nell’escludere il bianco e il nero dal regno cromatico, la conseguenza dell’odierna profanazione della colorazione in generale.
2. Non sono un pittore per saper comporre il colore ispiratomi da un testo poetico. Non sono poi nemmeno un magnate della tipografia da potermi permettere di stampare ciascun testo utilizzato, nel colore che sceglierei per ogni singolo collage in un campionario cromatico. Mi accontento volentieri di un libro dell’autore prescelto per il mio lavoro, pubblicato normalmente, purché sia impresso bene sulla carta e con caratteri di buona qualità.
Jiri KOLAR
26 aprile 1993
Umanizzare lo Spazio senza imprigionarlo: questo è il mio scopo. Mi propongo di generare nello spirito un respiro, una attenuazione evocativa dell’oggetto concettuale e poetico; una lievitazione di linee, di segmenti che con la loro immaterialità escano dalla geometria dell’astrazione classica.
Spero di suggerire attraverso il gioco di contrasti e della composizione una imponderabilità percettiva, un quasi – bianco ragionato che neutralizzando il colore si espanda in una metrica dell’esattezza, in una stesura melodica originata dalla compostezza.
Purificazione, ambiguità dello Spazio nella rarefazione dell’apparire interiore.
Giuseppe MINORETTI
aprile 1993

Perché lei stessa, cara Sabina, m’ha posto la sua domanda con delle parole nere su un fondo bianco?
È sicuramente perché si ha il massimo contrasto utilizzando il colore che assorbe di più la luce e quello che più la riflette.
Dunque efficienza e di conseguenza oggettività. Non domando di più!
Con amicizia,
François MORELLET
10 maggio 1993
Il grigio è il nero e il bianco. Esprime l’unità di movimento dei colori. Esclude l’opposizione e manifesta il tutto. Ai grandi poli, agli estremi del nero del primo “Détail” e del bianco su bianco, lo “sfumato” di un’esistenza che trascorre: il colore può divenire mortalmente emozionante. … È per protestare l’annullamento della vita nella morte, contro questo spazio-tempo del nulla, questo zero della vita che, ormai, non dico più che aggiungo l’1% di bianco ad ogni “Détail”. Preferisco dire che l’1% circa per meglio sottolineare il carattere meditativo del procedimento che congiunge costantemente il momento di unione e separazione. Fin dall’inizio dell’opera, dal primo segno dipinto in bianco, il nero incontra instancabilmente il bianco e il bianco si separa continuamente dal nero: ho capito che non poteva esserci rottura.Ora le mie tele sono quasi tutte bianche, diventano dolcemente poco a poco tutte bianche ma non ci sarà un preciso momento dove cadrò a capofitto nel bianco. Anche la preparazione delle mie tele non si è svolta come previsto. Non si può rispettare alla lettera la proporzione di quantità di bianco e di nero, all’inizio mi ero immaginato che avrei potuto controllare tutto meccanicamente e agire come il chimico che dosa le sue miscele. La pittura non è mai la stessa, ho comperato la stessa marca ma il risultato non è mai uguale. … Talvolta, mi è successo anche che il fondo di una tela sia risultato più chiaro di quanto doveva. … Nel corso di preparazione delle opere, devo dunque tener conto dei fattori esterni, delle formule di ogni fabbricante di pittura, del grado di umidità nell’atmosfera ed è per questo che acquisto la pittura bianca in grande quantità e che la miscelo con la pittura nera che ho ancora dal primo “Détail” e dalla quale non mi sono mai separato. Di conseguenza, non ci sarà mai una separazione assoluta dal nero al bianco. … Non c’è una rottura totale, questa non esiste più, né nella vita né nella pittura. L’idea di una pittura assoluta mi è incomprensibile, illogica e irreale ed è perciò che critico il ritenere lo zero come simbolo della realtà organica. D’altronde la natura non conosce lo zero, non è che un segno matematico, la misura astratta di un limite.
Roman OPALKA
aprile 1993
Luc Peire’s Formicas
White
black
no color,
just black & white
Willoughby SHARP
Il nero, il bianco, due valori antagonisti, due assoluti dove ognuno suppone il suo contrario, l’attestazione, la negazione. Da un estremo all’altro dello spazio di pensiero, per gradi, per rotture, lo spirito va, passando dall’affermazione più perentoria a tutte le indecisioni del certo e dell’incerto, del chiaro e dello scuro. In questo spazio immaginario, la distanza è fittizia, la vista illusoria. Cesure, scarti, accordi, dissonanze, accostamenti, definiscono questi spazi indefinibili, mescolati in una durata nella quale si risolvono i ritmi, le concise cadenze di un breve e monumentale grafismo. Qualche tratto è sufficiente. “Intelligenti pauca”.
Pierre VOLBOUDT
marzo 1982
Bianco e nero, gli estranei pensabili.
L’arte perché esperienza annulla gli opposti: di volta in volta sceglie quel Bianco e quel Nero nell’infinita gamma della luce.
Giancarlo SANGREGORIO
03 maggio 1993
Gianni Secomandi “è” il bianco e il nero.
Se talvolta non si espresse in quella maniera, fu solo perché non riuscì a sopportarne le implicazioni.
Il pastello cromatico fu la via di fuga del sogno a colori.
Cesare CARPANI
22 aprile 1993
Circa sei anni fa iniziavo un’esperienza con quadri molto colorati e tutti, più o meno, di piccolo formato. Un gallerista un giorno, col quale avevo rapporti di lavoro, mi chiese di realizzargliene uno bianco e nero così, nello stesso modo con cui eseguivo quelli pieni di colore. Il fatto che ritenessi fin d’allora che i miei quadri fossero più “colorati” che “dipinti”, ossia che le nature morte o che i paesaggi fossero più “mentali” che “realistici”, mi fece accettare con piacere l’invito. Portai dunque a termine il quadro bianco e nero, un castello notturno con luna, che oggi chissà dov’è. Un episodio isolato al quale ho poi ripensato diverse volte senza mai procedere ad una verifica pratica. A distanza di sei anni un altro gallerista, amico come il primo, mi chiede addirittura una mostra intera in bianco e nero. Il primo mi aveva dato un’indicazione e, di fatto, un’idea. Certo. Il secondo, in più, sentiva anche la necessità di un coinvolgimento. Naturalmente quest’ultimo non era a conoscenza della proposta del primo sino a quando non l’avvertii dell’accaduto. Né mai vide il castello notturno.
E così, stimolato dal fatto che tutto ciò non poteva essere considerato solo una semplice coincidenza, ma bensì una felice sintonia, ho accettato consapevole. Nel dire tutto questo, che motivo avrei di mentire?
Tino STEFANONI
maggio 1991
